Descrizione
“La maggior parte della popolazione di El Fasher è intrappolata in un campo di sterminio. Ogni minuto conta.
Le notizie che arrivano dal Sudan, dopo la caduta di El Fasher – sotto assedio da diciotto mesi – ci lasciano sgomenti. Nella difficoltà di confermare informazioni da una zona remota di guerra, l’immobilismo della comunità internazionale suscita angoscia e sdegno.
Il massacro dell’ospedale pediatrico e del reparto maternità, con cinquecento tra bambini, donne, civili e operatori sanitari uccisi a sangue freddo dalle milizie delle Rapid Support Forces, non è un caso isolato ma l’episodio più atroce di una lunga serie di massacri indiscriminati.
Le immagini satellitari di corpi ammassati in diverse zone della città evocano la memoria di Srebrenica, di cui abbiamo appena ricordato il trentennale.
Dal 2023, il Sudan è travolto da una guerra tra l’esercito e la milizia RSF che controlla l’ovest del Paese. In questi tre anni si sono susseguiti massacri, pulizia etnica, carestie imposte. Solo nelle ultime due settimane a El Fasher sarebbero stati uccisi oltre 2.500 civili: persone già in fuga da altre distruzioni.
Ma chi arma questi uomini così ben equipaggiati? Inchieste internazionali indicano tra i fornitori Cina, Russia, Serbia, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Yemen. È dunque un conflitto che può essere fermato solo con la pressione delle diplomazie regionali e globali.
Riporto le parole della giornalista sudanese Nesrine Malik sul Guardian:
“Coloro che hanno influenza sugli Emirati Arabi Uniti, e quindi sulle RSF, ma permettono che la violenza continui senza agire, hanno le mani sporche di sangue. La popolazione di El Fasher è intrappolata in un campo di sterminio. Ogni minuto conta.”
Chiediamo che chiunque abbia voce e influenza sull’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti, Abdulla Ali Ateeq Obaid Alsubousi, agisca ora.
Tutto ciò che può essere fatto per fermare questo genocidio non deve restare intentato.
Queste le dichiarazioni della capogruppo di AVS Ecolò Caterina Arciprete. (s.spa.)

