Descrizione
“Il 23 luglio 2025, la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite (CIG) ha emesso un parere consultivo storico, nel quale – spiega il consigliere PD Renzo Pampaloni – determina gli obblighi degli Stati in materia di cambiamento climatico per garantire la protezione dell'ambiente.
Pur trattandosi di un parere non vincolante dal punto di vista giuridico, il suo peso politico, morale e interpretativo del diritto internazionale è estremamente rilevante. La Corte ha affermato che l’inazione climatica può costituire una violazione degli obblighi degli Stati in materia di diritti umani e di diritto ambientale internazionale.
È una presa di posizione senza precedenti, che sottolinea come il cambiamento climatico non sia soltanto un’emergenza ambientale, ma anche una grave questione di giustizia globale e di equità intergenerazionale: le nuove generazioni rischiano di pagare infatti il prezzo più alto per scelte che non hanno contribuito a determinare. La sentenza consente di incrementare la tutela dei diritti fondamentali: alla vita, alla salute, all’acqua, al cibo, alla dignità.
La Corte, sottolineando gli impegni degli Stati nei trattati ambientali e sui diritti umani, quali l'Accordo di Parigi, il Patto internazionale sui diritti civili e politici, il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e la Dichiarazione universale dei diritti umani, dichiara che gli Stati hanno l'obbligo di proteggere l'ambiente per il bene delle generazioni presenti e future.
La Corte ha ribadito con fermezza che gli impegni volontari non sono sufficienti: gli Stati devono agire in modo coerente con gli obiettivi scientifici e giuridici fissati dalla comunità internazionale, in particolare l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5°C.
La giustizia climatica è una questione di diritto.
E non agire significa violare i diritti delle persone e compromettere il futuro del pianeta.
Recentemente anche la Corte di Cassazione a sezioni unite ha legittimato il ricorso di associazioni ambientaliste e di singoli cittadini nei confronti delle politiche ambientali di singole aziende.
La sentenza della Corte internazionale di giustizia è uno spartiacque storico che si basa sul principio ‘che chi inquina paga’.
Una sentenza – conclude Pampaloni –, che insieme all’espressione della corte di cassazione rappresenta un importante punto di riferimento per il diritto internazionale e nazionale perché rafforza la legittimità di azioni giudiziarie in corso in diversi Paesi, da parte di cittadini, associazioni e persino Stati, nei confronti di governi e imprese inadempienti”. (s.spa.)