Sollicciano, FI, Lista Schmidt, FdI: “Indispensabili lavoro e formazione, sono chiave per rieducazione e reiserimento”
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28 Luglio 2025
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“Il lavoro svolto dalla IV Commissione consiliare sul carcere di Sollicciano, avviato nel settembre 2024, non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza positivo. Segna l'inizio di un impegno amministrativo costante. Così si fa se si vuole affrontare con serietà una questione che riguarda sì i detenuti, ma soprattutto la sicurezza e la coesione della nostra comunità. Le carceri non portano voti, ma se continuiamo a ignorarle, ne usciranno persone peggiori di quelle che sono entrate e il problema si sposterà da dietro alle sbarre alle nostre piazze”.
Lo affermano in una nota congiunta i consiglieri comunali Alberto Locchi (Forza Italia), Eike Schmidt, Paolo Bambagioni e Massimo Sabatini (Lista Schmidt), Angela Sirello, Matteo Chelli, Alessandro Draghi e Giovanni Gandolfo (FdI).
“La realtà emersa dalle audizioni e dalle visite è chiara – sottolineano –: una struttura degradata, impianti inservibili, reparti inagibili, personale insufficiente, sovraffollamento strutturale e spazi che non garantiscono nemmeno condizioni minime di dignità. A ciò si aggiunge un dato ormai stabile: oltre il 70% della popolazione detenuta è di origine straniera, spesso priva di documenti, di un'abitazione, di legami sul territorio”.
“Ci sono pochi mediatori culturali. Un carcere dove convivono decine di lingue, culture, credi religiosi diversi, non può funzionare senza figure professionali dedicate alla mediazione linguistica e culturale. È basilare per qualsiasi progetto rieducativo”.
“Il Ministro Nordio ha chiaramente espresso la necessità di evitare amnistie generalizzate o indulti, che rappresenterebbero solo una resa dello Stato, e ha invece indicato la via delle misure alternative per oltre 10.000 detenuti con pena residua inferiore a 24 mesi. È un percorso serio, rigoroso, che richiede anche la collaborazione delle istituzioni locali, inclusi Comuni e Regioni. Sempre il governo, come emerso dopo la visita di Del Mastro, ha destinato al carcere importanti risorse al carcere, che vanno utilizzate subito e bene”, ricordano Locchi, Schmidt, Bambagioni, Sabatini, Sirello, Chelli, Draghi, Gandolfo.
“La formazione e il lavoro: questi sono i punti essenziali. Se vogliamo che il carcere serva a qualcosa, non possiamo più trascurare la formazione professionale, l’educazione e il reinserimento lavorativo, sia dentro che fuori dall’istituto. Non basta parlare di diritti e rieducazione: servono programmi concreti, spazi, formatori, imprese disponibili, e incentivi chiari”.
"Dobbiamo essere sinceri: nulla è più devastante della sensazione, per un detenuto, di essere ormai inutile. Peggio del carcere, c’è solo l’idea di non servire più a niente. E invece dobbiamo offrire un orizzonte, una possibilità, un percorso. Anche questo è sicurezza".
“Servono più occasioni di lavoro interno al carcere, ma anche condizioni per lavorare fuori, con la collaborazione delle imprese del territorio, che devono essere incentivate con sgravi fiscali e contributivi. E non bisogna avere il timore di riconoscere che non sempre serve una sistemazione abitativa definitiva per i detenuti lavoratori: molti, specie i giovani, restano solo il tempo necessario per formarsi e poi si spostano verso territori più accessibili”.
“Allo stesso modo non possiamo poi dimenticare chi in carcere ci lavora ogni giorno: gli agenti di polizia penitenziaria. Oggi mancano alloggi dignitosi per il personale, e molti sono costretti a vivere dentro la struttura, senza alcuna separazione tra vita privata e lavoro, perché gli alloggi nel nostro territorio costano troppo. È una situazione inaccettabile. Il Comune deve collaborare affinché venga garantita una minima qualità abitativa, anche per il benessere psicologico di chi è chiamato a far rispettare l’ordine”.
“Sul piano dell’affettività ribadiamo una posizione equilibrata: diritti sì, ma nella concretezza. Parlare di affettività in un carcere dove mancano persino spazi salubri e bagni funzionanti rischia di essere solo una dichiarazione di principio. Servono strutture, spazi riservati, sicurezza, altrimenti il diritto resta sulla carta”.
“Noi, come centrodestra fiorentino, non voltiamo lo sguardo. Sappiamo che la legalità costituzionale passa anche per le celle. E sappiamo che la sicurezza vera si costruisce rieducando e reinserendo, non lasciando marcire le persone in celle inumane, ma certi che chi sbaglia deve scontare la sua pena”.
“Il Comune di Firenze deve fare la sua parte, come tutte gli altri componenti e attivarsi da subito. Il carcere non è un mondo a parte. È il riflesso della società che vogliamo costruire”.
“È questo – concludono – il garantismo vero: concretezza, responsabilità, dignità e legalità. Perché una città che ignora il suo carcere è una città che abdica al proprio dovere”. (s.spa.)

